La Lega Lombarda è l’irriducibile avversaria degli imperatori tedeschi fin dai tempi di Federico Barbarossa. Milano, Brescia, Parma, Piacenza e altre ricche città, animate da spirito indipendentista, si schierano dalla parte del papa, ma solo in quanto nemiche dell’Impero. Solo Pavia e Cremona, spinte dall’odio verso Milano, rimangono fedeli all’Impero.
L’esercito della Lega evita lo scontro aperto, non avendo una cavalleria comparabile a quella imperiale. Così le campagne si risolvono in uno stillicidio di manovre e assedi. Data la superiorità acquisita dall’architettura militare difensiva le città cadono solo per fame o, più facilmente, per l’azione della fazione ghibellina dall’interno.
Nell’autunno 1237, Federico vorrebbe stringere d’assedio Brescia, ma viene dissuaso dalla presenza di un esercito della Lega stanziato presso Manerbio, e dall’inverno incombente. Tuttavia fa un tentativo per cercare uno scontro campale adottando uno stratagemma. Il 23 novembre annuncia il suo ritiro nei quartieri invernali, congeda i contingenti delle città ghibelline, ritenuti poco affidabili, e si mette in marcia verso Cremona. L’esercito della Lega, soddisfatto, si dirige verso per Milano per acquartierarsi. Mentre il grosso dell’armata imperiale prosegue la marcia, Federico si ferma a Soncino con 10.000 uomini tra cui i cavalieri mercenari tedeschi e gli arcieri saraceni. Quindi, procedendo a marce forzate, aggira la lunga colonna lombarda e la precede sbarrandole la via per Milano. È il 27 novembre 1237: la manovra di Federico è riuscita perfettamente. La cavalleria della Lega, che marcia in testa alla colonna, viene spazzata via paralizzata dalla sorpresa. La fanteria, che copre la retroguardia, si stringe attorno al Carroccio, simbolo della libertà comunale, rimasto indietro nel villaggio di Cortenuova. Qui la cavalleria tedesca carica ripetutamente, finché, stremata dai combattimenti e dalla precedente marcia, si ferma al sopraggiungere dell’oscurità. Durante la notte i fanti leghisti riescono a fuggire lasciando sul campo tutte le salmerie e il Carroccio dal quale riescono a salvare solo lo stendardo e la croce.
Per la Lega è un colpo durissimo: la cavalleria è praticamente distrutta, più di mille i prigionieri, dei quali 800 sono i milanesi e tra questi lo stesso Podestà di Milano. Il Carroccio, come un illustre prigioniero, viene inviato a Roma ed esposto in Campidoglio, “super columnas ad perpetuam memoriam”, come monito ai nemici dell’Impero, soprattutto al Papa.
La disfatta di Cortenuova, almeno inizialmente, sembra sfaldare il fronte della Lega. Le stesse Milano e Piacenza ora sono disponibili a trattare. Ma l’intransigenza dell’imperatore, che pretende una resa incondizionata, accende l’orgoglio dei comuni lombardi.
Federico lo può constatare quando decide di assediare Brescia nell’estate del 1238. La città, difesa da un oscuro ingegnere spagnolo, Calamandrino, oppone una fiera resistenza. Atti di autentica barbarie si consumano da ambo le parti. Ai prigionieri legati alle macchine da assedio o usati come proiettili, i bresciani rispondono usando gli imperiali catturati come scudi sulle mura. L’inverno si avvicina e l’assedio continua senza risultati. Federico decide di ritirarsi. Il 9 ottobre fa bruciare le macchine da assedio e ripiega su Cremona. Il trionfo di Cortenuova è già dimenticato.