
Acri è l’ultimo avamposto della Cristianità rimasto in Terrasanta all’inizio del Duecento. Gli Arabi potrebbero spazzare via facilmente questa fragile testa di ponte crociata. Non sono trattenuti da spirito di tolleranza o dalla possente cinta muraria, ma dalla presenza dei mercanti veneziani, pisani e genovesi: gli unici infedeli con i quali riescono ad intendersi perfettamente. Almeno finché non conoscono il “re dei principi”.
Federico salpa da Brindisi il 28 giugno 1228 con cinque navi. La moglie bambina (14 anni) Jolanda di Brienne, morendo gli ha lasciato due doni: un figlio maschio, Corrado, e il titolo di re di Gerusalemme, appartenuto al padre di lei, Giovanni.
Caso unico nella storia delle Crociate, Federico sbarca ad Acri macchiato dalla scomunica inflittagli da papa Gregorio IX per aver ritardato eccessivamente la partenza. L’imperatore non sembra avere intenzioni molto bellicose nei confronti degli arabi che ammira. Anzi, viene subito contattato dal sultano Malik al-Kamil, bisognoso di alleati per contrastare il fratello, Malik al-Mu’azzam. Federico pensa, invece, di sfruttare questa situazione per trovare un compromesso diplomatico che gli consenta di adempiere al voto di crociata senza combattere.
Le trattative tra i due vanno avanti fino alla fine dell’anno. Nel febbraio 1229 viene firmato un accordo. Federico ottiene la città di Gerusalemme senza colpo ferire, a patto che le mura vengano smantellate e che le moschee sacre restino in mani musulmane. I cristiani avranno libertà di accesso dal mare lungo una via protetta dal possesso di alcuni villaggi dal nome insignificante per gli islamici: Nazareth e Betlemme. Il tutto per un periodo, rinnovabile, di dieci anni.
I falchi dalle due parti inorridiscono, è inconcepibile venire a patti con l’infedele. Per i nemici cristiani di Federico l’ulteriore conferma di trovarsi di fronte all’Anticristo. E chissà come reagirebbero se conoscessero gli episodi che fonti arabe riportano riguardo al pellegrinaggio dell’imperatore a Gerusalemme, intrapreso subito dopo la firma della tregua, con il beneplacito del sultano e la scorta dei fedeli Cavalieri Teutonici.
Mentre visita la moschea di al-Aqsa, vede un prete cristiano che tenta di entrare con il Vangelo in mano e lo scaccia violentemente: “Cosa ti ha condotto qui? Se uno di voi torna a entrar più qui senza permesso, gli caverò gli occhi!”. Il mattino dopo, il “Re dei Franchi”, come lo chiamano gli arabi, si lamenta con il funzionario del sultano che attende al suo soggiorno perché questi ha ordinato di sospendere la preghiera serale del muezzin come riguardo per l’ospite cristiano. “Il mio maggiore scopo nel pernottare a Gerusalemme era di sentire l’appello alla preghiera dei muezzin e la loro lode a Dio durante la notte” è la spiegazione di Federico. Curiosamente il giudizio dei musulmani sullo Stupor Mundi coincide con quello dei cristiani: “… era evidente dai suoi discorsi che era un materialista, che del Cristianesimo si faceva semplice gioco”1.
Il pellegrinaggio nella Città Santa dura un paio di giorni. Federico riparte il 25 marzo 1229 per Acri: ben altri problemi lo attendono in Italia.